È ormai assodato: il coronavirus che sta facendo così tante vittime nel mondo è partito da un mercato cinese in cui si vendevano animali selvatici di ogni specie, tenuti in condizioni indescrivibili di sofferenza e sporcizia, sottoposti a ogni genere di violenza, squartati sul posto e poi mangiati.
Il prof. Andrew Cunningham della Società Zoologica di Londra ha dichiarato, in una intervista al Guardian: "Gli animali vengono trasportati su lunghe distanze, stipati in gabbia. Sofferenti, immunodepressi, espellono ogni genere di patogeno".
La dottoressa Inger Andersen, Direttore Esecutivo dell'UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite, ha affermato che "la natura ci sta mandando un messaggio", attraverso la pandemia del coronavirus e i cambiamenti climatici.
Il pericolo è in tutta la carne
Non diamo la colpa ai cinesi, perché il resto del mondo non è migliore. La causa primaria delle zoonosi non è il consumo di carne di animali selvatici, ma il consumo di carne di qualsiasi animale. Gli allevamenti occidentali sono altrettanto pericolosi.
L'occidentale medio consuma il doppio di carne del cinese medio e più animali si allevano, maggiori sono le probabilità di far scoppiare epidemie come questa del COVID-19.
Gli allevamenti spesso fanno da "ponte" per il passaggio dei virus dagli animali selvatici all'uomo: gli animali selvatici hanno dei patogeni con cui convivono da sempre, così come ne abbiamo noi umani. Quando si distrugge il loro habitat, li si costringe a un contatto ravvicinato con la nostra "civiltà" (o forse meglio dire "inciviltà"?) e i contagi diventano più facili.